Counseling Artistico

Counseling Artistico

Perché introdurre le arti visive in una scuola di counseling? 

Le arti visive offrono spunti di riflessione su molte tematiche relazionali, rispetto alle domande esistenziali che l’uomo si pone. Questo riguarda sia il fare artistico sia la conoscenza delle arti visive, attraverso la storia e le proposte museali delle arti. 

L’arte agisce a livello simbolico permettendo di trasformare la conoscenza e l’istinto in forme creative, capaci di coinvolgere la dimensione sensoriale, emotiva e intellettuale, fornendo degli strumenti per comprendere e per capire contenuti interiori.

Le forme artistiche più riuscite hanno la capacità di affrontare tematiche universali nelle quali l’individuo può riconoscere aspetti della propria personalità ed elaborarli in modo cosciente e creativo. 

Le metodologie del counseling coordinano questi aspetti attraverso un insieme di abilità e atteggiamenti e tecniche che mediante l’empatia, l’ascolto, l’apertura alla riflessione su di sé, sugli altri e sulla vita, agevolano le persone ad integrare processi di maggiore consapevolezza.  

Ma è nitido questo concetto?
C’è chiarezza nel panorama del counseling su cosa si intenda per “competenza artistica” ?

Per competenze artistiche non si intendono generiche attitudini creative e bisogni espressivi, ma un’insieme di conoscenze ben definibili basate sullo studio e sulla pratica di tecniche da acquisire mediante una specifica formazione in scuole d’arte accademie o corsi privati.

 

L’approccio didattico da adottare, pur accogliendo spunti istintuali e sperimentazioni libere di forme e materiali, non può basarsi su semplici improvvisazioni e sfoghi espressivi.

La competenza artistica richiede l’impiego di metodologie legate alla storia delle pratiche, delle teorie artistiche e della grammatica visiva.

Alla pari di un qualsiasi altro linguaggio ( psicologico, filosofico, scientifico ), che voglia essere trasmesso e compreso a partire dalle sue basi antropologiche. 

Questo argomento interessa perché aiuta a distinguere i vari approcci in cui si affiancano le arti visive, i musei e la creatività al mondo del counseling. Bisogna poter comprendere la differenza tra creatività, espressività e arte alla pari di come distinguere la differenza tra le figure e le competenze dello psicoterapeuta, dello psicologo, del counselor e del coach.

La creatività agisce a diversi livelli, parte do da un livello di base comune a tutti gli esseri umani, per arrivare ad un livello più complesso dell’attività artistica. Fin dall’infanzia, tutti impariamo ad esprimerci con diversi linguaggi e siamo dotati di potenzialità creative ( e qui nasce la confusione ), intendendo la creatività come la capacità di inventare risposte diverse a uno stesso problema o tema. 

Nell’arte, però, la creatività diventa un processo complesso e costante di percezione e rielaborazione attraverso un uso pertinente dei codici espressivi: pittorici, grafici, fotografici, poetici, letterari, audiovisivi, musicali e performativi, con le relative connessioni.

 

Non è sufficiente usare alcune modalità espressive per entrare nel merito dei processi creativi che stanno alla base della formazione in counseling artistico.

L’approccio del counseling artistico è differente e più complesso di una pratica espressiva perché il linguaggio artistico è fondante, e non occasionale o periferico. 

Questa differenza spesso può generare un problema culturale e di confusione intellettuale. 

Oppure di origine strumentale dove, in  sintesi, fa comodo così, per motivazioni da collegare alla fatica di fare ricerca seria e approfondita, alle ideologie, all’economia. 

La stessa cosa riguarda il mondo del counseling: quando non c’è una regolamentazione basata sulla conoscenza e sulle regole il rischio è la confusione. Ogni linguaggio ha in fondo le stesse problematiche. Una corretta formazione artistica richiede di aver acquisito esperienze in campo artistico sia di ordine teorico che pratico.

Nelle competenze che bisogna integrare  troviamo il “ saper “ avvicinarsi ai beni culturali andando oltre la competenza puramente nozionistica dell’arte. Come già detto, l’arte, è un linguaggio che va decodificato per poter essere usato. 

Come per il counseling, anche per l’arte è basilare partire dall’alfabetizzazione.Il rischio è di insegnare agli altri una lingua che neanche conosciamo. Ed è difficile filtrare questa mancanza di conoscenza. Il linguaggio visivo richiede di essere riconosciuto attraverso elementi storici, culturali, pedagogici, psicologici, antropologici, sociali e intellettuali. 

 

Come viene affrontato dalle altre discipline?
Non si può sapere nello specifico.

E’ che in quello che si vede, non si legge spesso  l’alfabeto appena descritto.

E’ come se in un incontro di counseling venissero non prese in considerazione le competenze di base quali: ascolto attivo , empatia, presenza. 

Che cosa ne sarebbe del colloquio?
Si potrebbe ancora chiamare colloquio di counseling?

Qui si tratta di comprendere cosa si sta facendo dando la giusta identità ai processi d’apprendimento. Le competenze acquisite di lettura del linguaggio visivo devono essere congiunte ad abilità specifiche in chiave relazionale.

Il formatore deve aver maturato una visione bifocale: da una parte essere a conoscenza del linguaggio visivo e del processo creativo sia in termini teorici che pratici e dall’altra  ( a partire dal linguaggio artistico o da una tematica relazionale) guidare gli apprendimenti, le attitudini personali, incanalare le riflessioni, favorire gli aspetti costruttivi e la coesione collettiva. 

In questa prospettiva il formatore agisce come un regista orientando l’intero processo attraverso una visione bifocale sia relazionale che creativa. L’azione e la pratica, artistica e relazionale, diventano parte integrante dell’apprendimento in un gioco di alternanze e di analogie.

In conclusione il problema si risolve “ superando gli stereotipi figurativi e  imparando a comprendere quello che si osserva conoscendo le immagini e la loro storia. Si risolve adottando dei criteri di base per le scelte didattiche che tengano in considerazione gli aspetti basilari del counseling e quelli del fare artistico. 

Si cerca di risolvere spiegando la differenza tra orientamenti, formazione e professione. 

Tra l’utilizzo della creatività in psicoterapia, in arte terapia, nel counseling espressivo o art-counseling dove, la creatività stessa, viene generalmente modulata a seconda della formazione pregressa dei professionisti che la utilizzano. Si cerca di risolvere spiegando che la creatività ha diversi livelli di approfondimento.

Starà alla persona, dopo aver compreso, scegliere il livello di approfondimento più adatto alla propria professionalità o alla propria identità. L’aspetto basilare rimane: deontologicamente passare tutte le informazioni nel rispetto di ogni professionalità coinvolta e di una cultura artistica millenaria. 

Dott.ssa Stefania Como 
Direttrice scuola in counseling artistico di Torino – Centro Studi EducArte